Ai docenti, al personale ATA, alle studentesse, agli studenti e alle famiglie
Gentilissime, gentilissimi,
mi rivolgo a Voi in questo tempo di turbamento e di interrogativi.
Mi è difficile pensare ad una Pasqua più vicina nello spirito all’origine della ricorrenza stessa.
Nelle sue radici ebraiche, come nella reinterpretazione cristiana, Pesach-Pascha-Pasqua significa “passaggio”. Dalla morte alla vita, quando Dio “passò oltre” le case degli Israeliti, lasciando intatti i loro primogeniti; dalla schiavitù d’Egitto alla liberazione, con il passaggio del Mar Rosso, che aprì la strada alla Terra Promessa; dal peccato alla salvezza tramite il sacrificio dell’Agnello-Gesù Cristo; dalla morte più ignominiosa, per il mezzo del supplizio della croce, alla vita splendente della Resurrezione.
Possiamo allora cogliere, credenti e non credenti, con quanta forza il simbolo del passaggio coincida con la stagione in cui siamo immersi, una stagione intessuta di domande, di timori, di momenti di oscurità, nella quale ci chiediamo, credo, tutti, quale sia la via di uscita, quale il passaggio periglioso, quale il “cammino ascoso” che ci porti a “riveder le stelle”.
Così ho pensato di farvi due doni pasquali che ci rammentino chi siamo stati, chi siamo e chi possiamo essere ancora.
Sono piccoli doni, leggeri, facili da portare, come si addice a chi è in viaggio verso una stagione migliore.
Il primo è la Resurrezione di Piero della Francesca. L’ho scelto non solo per il tema, ma perché il restauro ne ha restituito i colori luminosi di una Primavera senza fine; perché la carne beata di Cristo è avvolta dalla nube rosa della toga come all’alba dei giorni migliori; perché l’affresco ancora oggi è conservato nel paese dove è nato, Borgo San Sepolcro, in quella provincia italiana capace di generare geni dell’arte di tutti i tempi e di fare prodigi, mentre si dipana l’usato succedersi dei giorni.
Il secondo è il Ritratto di Baldassarre Castiglione di Raffaello. Nei cinquecento anni dalla scomparsa del “divin pittore” incrociamo lo sguardo acuto di un uomo che insegnò a tutta l’Europa la “civiltà delle buone maniere”, creazione delle corti italiane; la “sprezzatura” che rende naturale ciò che è somma cultura, squisitezza di gesti, di modi, di pensiero; l’intelligenza visiva di un pittore che, nonostante, o forse proprio in ragione di uno dei momenti più drammatici della storia moderna della Penisola, l’età delle “guerre horrende” d’Italia, seppe e volle creare la suprema armonia dell’arte.
“Le tems revient. ‘L Tempo si rinuova”
Questo era il motto della Firenze del Magnifico Lorenzo de’ Medici.
Rinascite, rinascimenti, resurrezioni.
Possiamo crederci. Possiamo operare, ciascuno con i propri talenti, perché avvenga.
Lo auguro di cuore a tutti voi, a tutti noi.
Il Dirigente Scolastico Isabella FedozzI