Pianta erbacea perenne di 2-10 dm con rizoma strisciante, ramoso;
Fusti erbacei eretti o leggermente a zig-zag, semplici o ramificati alla base;
Foglie inserite a spirale con lamina ovato-cordata, apice ottuso;
Fiori gialli, brunastri sul lembo, saldati a tubo con base ingrossata e posizionati all’ascella delle foglie;
Capsula ovoide, pendula (Ø 3 cm).
Il nome del genere deriva dal greco áristos = ottimo e locheía = parto, perché si riteneva efficace per i travagli e le infezioni del parto; poiché la pianta spesso si sostiene su altre piante, il nome specifico si collega alle clematidi, dal greco klematís = tralcio.
Proprietà ed usi: Molte specie di Aristolochia erano già note nell’antichità ed impiegate per la loro azione stimolante, per accelerare il parto ed alleviare i postumi ed usato come emmenagogo. Dal XVIII secolo le aristolochie sono state utilizzate nelle campagne per le loro proprietà astringenti e vulnerarie.
Teofrasto ci tramanda che la pianta veniva usata per trattare disordini uterini, morsi dei serpenti e ferite. Anche gli indiani d’America la usavano contro i morsi dei serpenti e le febbri. Questi usi erano basati sulla dottrina dei segni, come la forma del fiore simile all’utero o al serpente (Cosa che si riscontra anche per altre piante usate nell’antichità). In realtà è una pianta medicinale, ma tossica e capace di procurare aborti, avvelenamenti, tachicardia, nausea, convulsioni, degenerazione del fegato e anche la morte per arresto respiratorio. Il principio attivo è l’acido aristolochico, che in seguito ad esperimenti fatti sui roditori, è risultato altamente cancerogeno. In alcuni stati, come la Germania, tutti i prodotti a base di Aristolochia sono stati proibiti e tolti definitivamente dal commercio, per la riscontrata tossicità e pericolosità.
Curiosità: I fiori giallo oro e l’odore particolare della Aristolochia sono una trappola per gli insetti, i quali entrati nelle corolla, a forma di pipa, scivolano su di un rivestimento ceroso che si trova all’interno e poi una barriera di peli impedisce loro di risalire all’esterno. Quando poi il fiore appassisce, gli insetti prigionieri, ricoperti di polline, si liberano assicurando così l’impollinazione.
Abbate G., Alessandrini A., Blasi C., Conti F., 2005, An Annotates Checklist of the Italian Vascular Flora, Palombi Editori, Roma.
Bianchi G., Marchi D., M., D’amato E., P., 2002, Famiglia di Piante Vascolari Italiane: 1-30 vol. 1, Casa Editrice La Sapienza, Roma.
Bianchi G., Marchi D., M., D’amato E., P., 2003, Famiglia di Piante Vascolari Italiane: 31-60 vol. 2, Casa Editrice La Sapienza, Roma.
Bianchi G., Marchi D., M., D’amato E., P., 2006, Famiglia di Piante Vascolari Italiane: 61-105 vol. 3, Casa Editrice La Sapienza, Roma.
Clayton W.D., Harman K.T. and Williamson H. (2006 onwards). GrassBase - The Online World Grass Flora. www.kew.org/data/grasses-db.html. [accessed 08 November 2006; 15:30 GMT]*
Contarini E., 1988, Le piante erbacee spontanee, Essegi, Ravenna.
Pignatti S., 1982, Flora d'Italia, vol. 1,2, 3, Edagricole, Bologna
Watson, L., and Dallwitz, M. J. (1998 onwards). ‘DELTA Sample Data: Descriptions, Illustrations, Identification, and Information Retrieval.’ Version: 28th May 1999